martedì 13 maggio 2014

Causa Oracle - Google atto secondo: Vince Oracle a rischio Android?

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Nuova puntata delle cause milionarie tra produttori IT questa volta si parla di Oracle e Google e di alcune API. Vediamo i fatti e le conseguenze per capire meglio di che cosa si tratta, anche perchè cause di questo tipo cambiamo di molto le cose in ambito IT e questa volta potrebbero essere cambiamenti radicali sia a breve termine (blocco di alcune funzionalità di Android e quindi il nostro amato Smartphone) o a lungo termine (Utilizzo da parte di altri e modifica delle API).

I fatti dicono che in appello è stato ribaltato il verdetto precedente; cioè nella causa per violazione di copyright da parte di Android (Google) nei confronti di Java (Oracle), il tribunale dà ragione a Oracle contro Google. 
La Corte di Appello del Circuito Federale di Washington ha stabilito che le parti sotto copyright del linguaggio di programmazione di Java (Queste API tanto per intenderci), che Google usava adoperare nel sistema operativo Android per smartphone, appartengono a Oracle. 

In primo grado, nel 2012, erano stati chiamati a testimoniare il Ceo di Oracle, Larry Ellison, e il Ceo di Google, Larry Page, ma in primo grado Oracle aveva perso la causa. 
Oracle aveva portato Android alla sbarra fin dal 2010, accusando Google di aver incorporato parti di Java sotto copyright in Android, il primo sistema operativo Mobile al mondo (già c'e' molto di Unix e Java in Android diciamo che ha utilizzato molto software Open Source).

Oracle cerca di ottenere da Google un miliardo di dollari di risarcimento danni nel caso di violazione di copyright
Java e Android, la Corte Federale dà ragione a Oracle, infatti secondo quest'ultima (Java faceva parte dell'acquisizione si Sun System che Oracle acquistò qualche anno fa) queste funzionalità sottoforma di API, nonché alcune intere linee di codice riprese di sana pianta da Google sarebbero tutelate dal copyright ed in quanto tali l'impiego senza citazioni e limiti costituirebbe una violazione che vale almeno 1 miliardo di dollari di danni; questo significherebbe eventualmente il blocco di Android. Mountain View, da parte sua, ha cercato di sostenere davanti al tribunale che il suo utilizzo rientra pienamente nella disciplina del fair use (l'uso legittimo di un'opera consentito senza autorizzazione) e che dal momento che si tratta dell'idea in sé Oracle non può neanche ricorrere al diritto d'autore che in quanto tale tutela solo l'espressione di un'idea.
La Corte Federale di San Francisco con la decisione del maggio 2012 aveva condiviso pienamente la linea difensiva di Google, stabilendo l'esenzione delle librerie Java (API) dal copyright ed assolvendo Mountain View, venutasi a scontrare con i diritti d'autore di Oracle solo in via trascurabile e in condizioni assolutamente coperte dal fair use. L'ultima fase del procedimento, l'appello chiesto da Oracle alla Corte Federale per rivedere la decisione del tribunale e presieduto dal giudice William Alsup, si è aperta lo scorso dicembre ed ha portato ora ad una decisione che ribalta quando stabilito in primo grado.
Nel dettaglio la Corte federale ha stabilito che i pacchetti di API di Java sono effettivamente tutelati dal copyright:rispettano il requisito di originalità stabilito dalla Section 102(a) e soprattutto rappresentano solo uno dei modi (un'espressione dell'idea) con cui adottare Java (intesa come idea). Insomma, Google avrebbe potuto seguire altre strade per arrivare al medesimo scopo, ma secondo la Corte d'appello non l'ha fatto.
In realtà, per ciò che riguarda le violazioni di Mountain View, la questione è stata rinviata al tribunale di primo grado che dovrà stabilire se ci sono o meno le condizioni di applicazione dei principi del fair use. Prima di questa decisione che coinvolge direttamente Mountain View, tuttavia, le conclusioni della Corte Federale preoccupano gli osservatori per le conseguenze che potrebbe avere sulla diffusioni delle API.
Secondo EFF (Electronic Frontier Foundation, fondazione che si batte per le libertà del mondo digitale) "la libertà di estensione e la possibilità di reinventare le modalità di applicazione di API quindi delle librerie esistenti sembrano rappresentare al momento fattori chiave sia per lo sviluppo del settore hardware che di quello software". Nel momento in cui i programmatori possono liberamente mettere mano alle API senza dover raggiungere prima un accordo di licenza con gli autori originali, o senza rischiare una denuncia, aumentano le possibilità di creare software compatibili, a tutto vantaggio dei consumatori che hanno a disposizione una maggiore offerta, degli sviluppatori che hanno più strumenti per portare a compimento i propri progetti, nonché degli autori originari che possono sfruttare evoluzioni dei loro applicativi a cui magari non avevano neanche pensato.


Il giudice federale di San Francisco, invece, aveva deciso che Oracle non potesse richiedere la protezione del copyright. Invece la corte d’appello ha stabilito che 37 API di Java sono originali e sotto proprietà intellettuale. Google avrebbe dovuto negoziare una licenza o agire altrimenti. Invece Google si era appellata al fair use, ma in appello ha perso. Oracle acquisì Java quando comprò Sun Microsystems nel 2010 per 7,4 miliardi di dollari.
Secondo Pamela Samuelson, docente all'Università della California, Berkeley, School of Law, teme che la sentenza possa intaccare l’interoperabilità. Anche EFF ha commentato che “la libertà di estensione e la possibilità di reinventare le modalità di applicazione di API esistenti sembrano rappresentare al momento fattori chiave sia per lo sviluppo del settore hardware che di quello software“. Ma Dorian Daley, consigliere generale di Oracle, ritiene il verdetto un’ottima notizia per l’industria del software: “Il circuito federale ha negato il tentativo di Google di limitare la tutela del copyright per il codice dei computer. L’opinione del circuito federale rappresenta una vittoria di Oracle e dell’intera industria del software che si affida alla protezione del copyright per diffondere innovazione ed assicurarsi che gli sviluppatori vengano ricompensati per le loro scoperte“.
Google ha dichiarato di rispettare ma essere in disaccordo con la nuova sentenza e di prendere in esame una risposta.
 
Facciamo un pò di storia però: Google e Sun erano alleate nell’ottobre 2005, quando l’allora presidente Jonathan Schwartz e il CEO Scott McNealy siglarono con il Ceo dell’epoca di Google, Eric Schmidt, una partnership che coinvolgeva la Google Toolbar e Java. Ma oggi che Sun non è più nell’orbita di Google, bensì in quella di Oracle (acquisita da Larry Ellison per 7,4 miliardi di dollari), Oracle vuole  riscrivere la storia di Sun, e soprattutto di Java.
Jonathan Schwartz, testimoniò al processo di primo grado affermando che Android non aveva bisogno di licenze per le API di Java. Ricordiamo che Eric Schmidt ha passato 14 anni a Sun, dove era stato nominato CTO. McNealy però non è d’accordo: l’ex Ceo e co-fondatore di Sun ha nullificato le esternazioni di Schwartz.
Ma Sun non portò Google in tribunale: ciò dà ragione a Schwartz (che ha coperto il ruolo di CEO dal 2006 al 2010) anche se ammette che Google non si comportò benissimo con Sun, anche a seguito della fuga di ingegneri che dal progetto Java passarono in Google impegnandosi nello sviluppo di Android. Se Google avesse siglato una partnership con Sun, l’ex Ceo sarebbe stato maggiormente soddisfatto. Andy Rubin, a capo dello sviluppo Android, voleva che Sun proponesse a Google non la licenza standard, ma una nuova licenza basata su un nuovo modello di business. Ma la storia è andata diversamente.
 
La giuria del caso Oracle vs. Google ha emesso ore il verdetto parziale, da cui risulta che Google ha violato il copyright di Oracle. Ma il fatto che la giuria non abbia saputo deliberare sul Fair use e sulle API di Java, è un buon  segnale per Google e gli sviluppatori di Android. Infatti un giudice federale ha affermato che Oracle non può chiedere 1 miliardo di dollari per Android ( che oggi è presente su 300 milioni di dispositivi mobili).
Google ha violato 37 API Java (application programming interfaces) di Oracle, ma , ma la giuria non è in grado di decidere se e dove Google abbia fatto “fair use” del materiale violato sulla piattaforma mobile Android. Tirando le somme, Android, il primo OS al mondo, non è affatto in serio pericolo. Ricordiamo che sebbene il codice di Java copiato in Android, in violazione di copyright, costituiscono  comunque fair use perché Google offre Android gratis ai programmatori con relativo ambiente di sviluppo.
La dichiarazione sibillina resta quella di Google che ha spiegato l’utilità del linguaggio Java e che Google ha  trovato il modo di realizzare un OS (Android) per smartphone con Java, cosa che Sun ed Oracle non erano capaci di fare.

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